Lo diciamo in anticipo: le “anime belle” che guardano con disgusto le fiction di Garko e Arcuri leggeranno con disappunto questo nostro pezzo. A noi Pupetta, il coraggio e la passione (come molte altre fiction prodotte dalla Ares Film) è parsa un capolavoro del melò.
Con Pupetta, Teodosio Losito (sceneggiatore) e Alberto Tarallo (produttore) hanno vinto un’altra scommessa. La prima puntata della miniserie interpretata da Manuela Arcuri ha avuto ottimi risultati di ascolto: 4.944.000 spettatori con uno share del 19.1%. Molto meglio delle fiction andate in onda ultimamente su Canale 5: Come un Delfino ha superato i 4,8 milioni di telespettatori solo all’ultima puntata mentre Benvenuti a Tavola 2 si è fermato sotto ai 4 milioni.
Inutile che i puristi ogni volta ripetano: “Manuela Arcuri non sa recitare”; Manuelona (così come Gabriel Garko) è perfetta per i ruoli che interpreta. Sono personaggi che non hanno un profilo caratteriale particolarmente complesso, ma è proprio in questo tratto sempre netto, al limite del manicheo (i buoni e i cattivi sempre riconoscibili), che la fiction ha la sua presa sul pubblico.
Non si può guardare Pupetta aspettandosi di ritrovare un ritratto neorealista del nostro sud, per quello rivolgetevi altrove. Pupetta punta sulle emozioni forti, sugli istinti, sulla passione, sulla vendetta. E’ il dramma disegnato a tinte forti, è il melò in cui la battaglia tra amore e morte si spinge al livello estremo. E allora la Arcuri è l’eroina perfetta che incarna questo spirito.
Ci vogliamo spingere oltre. Questa fiction è un moderno esempio dello “spirito del sublime” descritto nel Settecento da Edmund Burke, il delightful horror, l’orrore attraente. Questo concetto di sublime ha permeato l’arte e la letteratura ottocentesca. E proprio ai romanzi d’appendice, ai feuilleton ottocenteschi sembra rifarsi il genere di narrazione di Pupetta. Una narrazione in cui le passioni sono forti e devastanti, talvolta al limite della caricatura.
In una linea che dal romanzo d’appendice, passa al fotoromanzo e poi al teleromanzo, possiamo ritrovare le origini di genere delle produzioni dalla Ares Film, un genere “di pancia” in cui è bandito ogni intellettualismo e in parte anche l’aderenza storica e che si mette in relazione col pubblico al livello degli istinti e delle passioni (sub-limen, sotto al limite della razionalità).
Piccola nota a margine: in Pupetta, come nelle altre fiction della Ares, la videosigla animata di apertura, firmata da Luciano Parisi, oltre che godibilissima, risulta sempre essere un ottimo biglietto da visita della fiction stessa.