Questa mattina sul Corriere della Sera, il critico televisivo Aldo Grasso parla del debutto di Una vita, la nuova telenovela di Canale 5. L’articolo si apre con la frase “Lunga vita al feuilletton!”: è proprio in questo genere letterario (e giornalistico) che affondano le loro radici tutte le soap opera e le telenovela, nonché molti prodotti della serialità contemporanea, più o meno lunga.
Il feuilletton è il romanzo d’appendice, componimento – in genere a tematica romantica – che usciva a puntate sui giornali ottocenteschi. Salta subito all’occhio come, per argomenti (storie e tragedie d’amore) e per formato (a puntate, come un appuntamento fisso e fidelizzante), i romanzi d’appendice siano proprio i progenitori delle storie che milioni di spettatori seguono ogni giorno in tv. Scrive Aldo Grasso:
Il feuilletton (…) ha inventato alcune fondamentali regole di mercato: trame d’impatto, gratificazioni rinnovabili, colpi di scena, rivelazioni, agnizioni finali. Il feuilletton non si preoccupa soltanto di seguire i dettami del buon narrare ma introduce, puntata dopo puntata, artifici che ritroveremo poi, intatti, nel fotoromanzo, nella telenovela, nella soap opera.
Un tratto tipico di questo genere, e che può anche essere visto come un limite, è che:
I personaggi, nonostante gli intrecci avvincenti, non mutano quasi mai, ma sono fissati in un «carattere» che si rinnova di puntata in puntata.
Dopo queste riflessioni, Grasso allarga l’orizzonte e cita Antonio Gramsci, intellettuale di pregio del primo Novecento nonché fondatore del Partito Comunista Italiano:
Gramsci nei suoi Quaderni dal carcere arriva a considerare questo genere letterario come un moderno umanesimo in grado di raggiungere una prima embrionale unità tra élite e masse popolari. La telenovela come forma di alfabetizzazione delle coscienze?
La suggestione di Grasso è quantomai calzante. Il discorso di Gramsci sul ruolo della cultura e sul concetto di “nazional-popolare” è vasto e complesso ma sicuramente l’intellettuale sardo, se fosse vissuto ai giorni nostri, avrebbe guardato con curiosità e interesse a fenomeni ultra-popolari come soap opera e telenovela. A differenza di quanto fanno i suoi eredi, intellettuali e politici, di oggi. Una certa cultura radical-chic, “progressista” e di sinistra è infatti in prima fila nello snobbare certi generi televisivi e a giudicare con disprezzo “il popolo bue” che vi si appassiona. Hanno completamente perso la memoria del loro più grande “padre nobile”…