Su Rai1 è andata in onda la prima puntata de Il Paradiso delle signore, la nuova serie racconta i sogni di un’Italia che si sta lasciando alle spalle i gravi strascichi della guerra. L’apertura del Paradiso delle signore, un grande magazzino in centro città, è come uno spartiacque tra l’Italia di prima e quella che verrà. Vediamo il giudizio di alcuni importanti critici televisivi.
Aldo Grasso sul Corriere della Sera ha scritto:
Quando si tentano operazioni del genere (una storia d’amore fa da filo conduttore a esperienze radicalmente nuove come il consumo di massa, la seduzione della merce, l’acquisto standardizzato, l’emancipazione femminile, la promessa di felicità per tutti…) la sfida linguistica deve essere molto alta, come in «Mad Men» […] Il problema è sempre il solito: si si alza l’asticella della scrittura si teme di perdere il pubblico, ma se la sia abbassa (come in questo caso) si va inevitabilmente incontro a cadute di stile (recitazione approssimativa, racconto stancamente lineare…) che impoveriscono il prodotto e ci relegano in un’eterna provincia culturale.
Queste le parole di Alessandro Dipollina su Repubblica:
è il paradiso della facile scrittura, con trama e snodi che più telefonati non si può. Evitare richiami al riscatto umano e sociale post-guerra, cose che servono vagamente da sfondo, contano la tenerezza dei bellissimi protagonisti […] o dei caratteristi amati e in ruolo […]. La formula funziona sempre e nessuno ha ancora trovato un buon motivo per schiodarsi da lì.
Più duro Andrea Fagioli su Avvenire:
Niente, a parte abbigliamento e auto d’epoca, fa realmente capire la stagione di passaggio dagli anni della guerra alla ripresa economica con la trasformazione della società e dei comportamenti degli italiani. Il tutto si limita al microcosmo del grande magazzino con le storie personali di chi lo abita […]. Con personaggi appena sgrossati […]. Tutti sono stereotipati […]. Tutto appare (volutamente, verrebbe da augurarsi) finto e ricostruito come in un fotoromanzo.