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Il Commissario Montalbano 2017, la parola alla critica

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Lunedì 27 febbraio su Rai1 è andato in onda Un Covo di Vipere, primo dei due episodi inediti de Il Commissario Montalbano per il 2017 (il secondo andrà in onda lunedì 6 marzo). Il responso del pubblico è stato più che eccellente, facendo registrare ascolti simili a eventi come Sanremo o come le partite della Nazionale di calcio: 10.674.000 spettatori, share 40.77%. In questo post vediamo come la fiction è stata accolta dalla critica. 


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Partiamo con l’opinione di Aldo Grasso dalle pagine del Corriere della Sera:

L’incesto in prima serata? Tranquilli, ci pensa Montalbano. […] Solo Montalbano poteva affrontare un tema da tragedia greca in prima serata, su Rai1 («Un covo di vipere», lunedì, 21.30). I motivi sono tanti, e sono già stati affrontati perché il suo successo perdura nel tempo e, incredibilmente, si rafforza ancor più nelle repliche. Vigata è un posto magico, pur abbondando di delitti. Come se il male venisse redento da una Sicilia da sogno, immota nel suo splendore agostano, tutelata da un commissario che garantisce un sistema valoriale al riparo persino della mafia, contrassegnata da un dialetto manieristico che indulge volentieri nel bozzettismo da commedia.

Secondo Grasso, il “brand Montalbano” è ormai così forte che gli si può perdonare anche una certa ripetitività:

Montalbano è uno dei pochi personaggi della fiction italiana assunto al ruolo di «brand name», di marchio editoriale (altri tentativi simili sono pressoché naufragati), e le sue indagini sono ormai vissute come cerimonie sociali. E pazienza se sono un po’ ripetitive.


Il giudizio sulla ripetitività sembra ricomparire anche nel pezzo di Riccardo Bocca sul sito de l’Espresso; l’autore parla di “trame narcolettiche”. Ma poi la sua analisi narrativa si fa più precisa e rileva:

La sceneggiatura, di solito verticale, e cioè scritta con l’obiettivo di trasportare lo spettatore da un qualsivoglia inizio verso una fine, qui si converte progressivamente in orizzontale, espandendosi a ramificazioni emotive e sociali che prevalgono nell’insieme sulle indagini.

A proposito del successo di ascolti scrive:

Un plebiscito che non indica affatto l’eccellenza dell’episodio specifico rispetto ai precedenti, ma al contrario la reiterazione di percorsi amati dalla collettività.

E conclude:

senza sensi di colpa, si può dire evviva al proseguimento infinito di questa serie; che non è soltanto televisione, in fondo, ma anche un po’ parte di noi.

Più pungente il commento di Piero Degli Antoni sul Quotidiano Nazionale (Giorno – Carlino – Nazione):

La tv italiana cammina col naso girato all’indietro. L’ascolto monstre del nuovo episodio di Montalbano (…) la condanna in una gabbia dorata di opulenta immobilità. La prima serie risale addirittura a diciotto anni fa, durante i quali poco o nulla è cambiato […]. Nella Sicilia del Gattopardo tutto doveva cambiare perché tutto restasse come prima, mentre in tv lo stesso risultato è raggiunto con il minimo sforzo, niente cambia e tutto resta uguale. […] Nel mondo della televisione vige il paradosso della vetustà: l’usato sicuro vale più del nuovo, più chilometri si hanno nel motore e più se ne faranno, in un prolungamento obbligato verso l’infinito. Da qui all’eternità, accompagnati da Montalbano.


Anche Marida Caterini su Il Tempo mette l’accento su alcune ombre:

al di là dei numeri, non tutto è stato positivo in Un covo di vipere. L’intensa regia di Alberto Sironi ha, ancora una volta, fatto la differenza […]. Si sono, però, notate delle forzature nella caratterizzazione dei personaggi, alcuni dei quali stanno assumendo sempre di più, connotazioni da farsa. Quasi a fare da contraltare alla drammaticità delle situazioni in cui Montalbano si trova. Infine, Sonia Bergamasco nel ruolo di Livia, compagna del protagonista, non ha ancora trovato la propria collocazione.

Maurizio Caverzan su La Verità, invece, sparge incenso:

Ogni episodio un pezzo unico, come certi oggetti numerati. Niente d’industriale. Di standardizzato. Di seriale, verrebbe da dire. Artigianato di pregio.

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